sabato 29 dicembre 2007

Meglio un figlio morto che frocio


Loredana, trans di sedicianni, si uccide con il suo foulard preferito, quello che aveva indossato tante volte, nella sua camera della Comunità di Palma di Montechiaro in provincia di Agrigento, dove era stata inviata dai servizi sociali di Catania dopo essere stata allontanata dalla sua famiglia per le violenze fisiche e psicologiche subite negli ultimi tempi. Una ragazza che ha avuto la sfortuna di nascere in un corpo di ragazzo che mai aveva accettato e che non sentiva suo. Una ragazza che ha anche avuto la sfortuna di nascere in un’isola che nasconde la sua arretratezza culturale dietro alla bellezza della sua terra, ma che viene palesata invece nella carenza di servizi di supporto per coloro che vivono il disagio di una vita difficile. Una terra che preferisce avere un figlio morto piuttosto che “frocio”perché le vergogne vanno nascoste; non bisogna dare scandalo. Loredana si è scontrata con l’indifferenza, la derisione e il pregiudizio invece di trovare comprensione ed aiuto. In Sicilia è difficile fare tutto: non esistono centri di ascolto per chi si affaccia al mondo omosessuale; non esistono luoghi di riferimento per le donne maltrattate (solo pochi centri per aiutare le tante donne in difficoltà); non esistono spazi vitali di crescita, confronto e relazione. Mancano i progetti, le iniziative e se ci sono non ottengono il giusto supporto. Pensare ad un telefono omosessuale come uno spazio di aiuto sembra solo un sogno utopico di alcuni che non trova la volontà per la sua realizzazione. Non dimentichiamoci che la Sicilia è una terra dove la cultura e la morale cattolica sono ben radicate e dove dovrebbe essere ben radicata la compassione che Gesù ha lasciato come sua principale eredità ma di questa compassione non è che se ne vede tanta, anzi: per chi si palesa al proprio parroco molto spesso si ritrova le porte sbattute in faccia. Loredana per la Chiesa è solo un travestito, un depravato, un invertito, un malato, che va convertito dal suo peccato. Per molti genitori essere gay, lesbiche, transessuali è una vergogna, un disonore: mostrarsi significa profanare la sacralità del silenzio, primo comandamento dell’omertà. Non ci sono diritti per gli omosessuali, siamo cittadini di serie C, serviamo solo a pagare le tasse o come bagaglio di voti da sfruttare da questo o da quell’altro partito. La morte di Loredana non deve essere sprecata: dobbiamo tenerla nella nostra memoria affinché sia un imput per chiedere con più forza i nostri diritti, ancora oggi negatici, di cittadini liberi e laici.

giovedì 20 dicembre 2007

Uccisi in Nome di Dio

Makwan Moloudzadeh, ventuno anni, è stato eseguito: Ucciso, all’insaputa di tutti, del suo legale e della sua famiglia. Condannato a morte per il reato di sodomia, commesso una sola volta quando aveva tredici anni, la sua pena era stata sospesa, almeno così aveva comunicato il ministro della Giustizia iraniano, l'Ayatollah Mahmoud Hashemi Shahroudi, manifestando l'intenzione di concedere la grazia. Infatti, la pressione creata dall’intervento di protesta di tanti uomini e donne, che nei mesi scorsi hanno fatto sentire la loro voce alle ambasciate Iraniane e ai Consolati sparsi in tutto il mondo tramite le varie associazioni che si erano mobilitate in difesa dei diritti di Makwan, aveva generato un piccolo frutto di civiltà in uno Stato che nemmeno riconosce l’esistenza degli omosessuali. Tra l’altro il tribunale era giunto alla condanna tramite un giudizio basato su delle testimonianze che in seguito erano state ritirate e tramite la confessione ottenuta sottoponendo il prigioniero a sevizie e torture. Il giudice, esercitando una sua facoltà, cioè l’affermazione di una convinzione personale che non richiede prove (elm-e qazi), si è detto certo che tra i due c’è stata penetrazione. Da qui la sentenza di morte. In Iran, la pratica più eseguita nei confronti di chi manifesta il proprio diverso orientamento sessuale è la pena di morte. Sembra, infatti, che dal 1979, anno della salita al potere, con la Rivoluzione islamica, dell'ayatollah Ruhollāh Mosavi Khomeini-Khomayni, massimo esponente religioso della comunità sciita, sono stati “ammazzate” circa 10.000 persone per atti di sodomia. DIECIMILA, lo vogliamo ripetere. Sono diecimila tra uomini e donne che sono stati impiccati o lapidati in nome di una legge divina inconcepibile. Si può essere uccisi solo perché omosessuali, per eseguire un imperativo morale, culturale o religioso? Di fronte a queste notizie non sono necessarie tante parole. Nel cuore di ognuno può esserci un angolo di memoria per chi è morto ingiustamente e forse un po’ di commozione.
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