giovedì 20 dicembre 2007

Uccisi in Nome di Dio

Makwan Moloudzadeh, ventuno anni, è stato eseguito: Ucciso, all’insaputa di tutti, del suo legale e della sua famiglia. Condannato a morte per il reato di sodomia, commesso una sola volta quando aveva tredici anni, la sua pena era stata sospesa, almeno così aveva comunicato il ministro della Giustizia iraniano, l'Ayatollah Mahmoud Hashemi Shahroudi, manifestando l'intenzione di concedere la grazia. Infatti, la pressione creata dall’intervento di protesta di tanti uomini e donne, che nei mesi scorsi hanno fatto sentire la loro voce alle ambasciate Iraniane e ai Consolati sparsi in tutto il mondo tramite le varie associazioni che si erano mobilitate in difesa dei diritti di Makwan, aveva generato un piccolo frutto di civiltà in uno Stato che nemmeno riconosce l’esistenza degli omosessuali. Tra l’altro il tribunale era giunto alla condanna tramite un giudizio basato su delle testimonianze che in seguito erano state ritirate e tramite la confessione ottenuta sottoponendo il prigioniero a sevizie e torture. Il giudice, esercitando una sua facoltà, cioè l’affermazione di una convinzione personale che non richiede prove (elm-e qazi), si è detto certo che tra i due c’è stata penetrazione. Da qui la sentenza di morte. In Iran, la pratica più eseguita nei confronti di chi manifesta il proprio diverso orientamento sessuale è la pena di morte. Sembra, infatti, che dal 1979, anno della salita al potere, con la Rivoluzione islamica, dell'ayatollah Ruhollāh Mosavi Khomeini-Khomayni, massimo esponente religioso della comunità sciita, sono stati “ammazzate” circa 10.000 persone per atti di sodomia. DIECIMILA, lo vogliamo ripetere. Sono diecimila tra uomini e donne che sono stati impiccati o lapidati in nome di una legge divina inconcepibile. Si può essere uccisi solo perché omosessuali, per eseguire un imperativo morale, culturale o religioso? Di fronte a queste notizie non sono necessarie tante parole. Nel cuore di ognuno può esserci un angolo di memoria per chi è morto ingiustamente e forse un po’ di commozione.

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